Estensione del fallimento a “soci occulti” e a “società occulte”
Un cenno particolare meritano i commi quarto e, soprattutto, quinto dell'art. 147 L.F.
Il primo di essi estende il fallimento anche ai soci illimitatamente responsabili, la cui esistenza dovesse essere scoperta dopo la dichiarazione di fallimento della società (c.d. “soci occulti”).
Del tutto innovativo, almeno in termini di disciplina espressa, è inoltre il disposto del quinto comma dell'art. 147 L.F., il quale prevede che la suddetta estensione del fallimento operi anche qualora, dopo la dichiarazione di fallimento di un imprenditore individuale, risulti che l'impresa è riferibile a una società di cui il fallito è socio illimitatamente responsabile.
Si tratta del fallimento della c.d. “società occulta”, ovvero della fattispecie in cui esiste un imprenditore apparente sottoposto al fallimento e successivamente si scopre l'esistenza di un imprenditore occulto che si avvale dell'imprenditore “palese” come “prestanome” per gestire le attività societarie.
Le conseguenze di tale scoperta saranno, appunto, il fallimento sia della società che di tutti i soci illimitatamente responsabili, i cui effetti cominceranno a decorrere dalla data della sentenza pronunciata nei confronti dell'imprenditore.
Questa ipotesi, in realtà già applicata dalla giurisprudenza (cfr. Cass. n. 1708/1981; n. 1106/1995; n. 8257/2002), tramite un'interpretazione estensiva del quarto comma dell'art. 147, è stata osteggiata dalla dottrina maggioritaria, per via della sostanziale differenza tra la fattispecie contemplata dalla disposizione della Legge Fallimentare e quella effettiva della società occulta, dando vita ad un lungo e controverso dibattito.
Con la riforma del 2006, il legislatore ha espressamente previsto, al comma 5 dell'art. 147 L.F., l'estensione del fallimento alla società occulta, dichiarata dal tribunale su istanza del curatore, di un creditore o di un socio fallito.
Fonte: Estensione del fallimento a “soci occulti” e a “societa' occulte” (www.StudioCataldi.it)